RODOLFO E LE FILASTROCCHE DEL VENDICATORE
La scuola elementare di Rodolfo era di gran lunga la più bella scuola pubblica di tutta Roma.
Il palazzo che la ospitava era stato un tempo l'antica dimora signorile della famiglia Rossigalli, un palazzo costruito nel medioevo e abitato per secoli da una delle casate nobiliari più importanti di tutto il Lazio.
Quando l'ultimo discendente della famiglia Rossigalli morì senza lasciare eredi, la proprietà del palazzo si trasferì di diritto al Comune, che decise di collocarvi una delle prime scuole elementari della capitale del neonato regno d'Italia.
A dire il vero quell'imponente costruzione, a vederla da fuori, non pareva proprio una scuola, piuttosto poteva ricordare un piccolo castello a cui mancava solo qualche cavaliere e il ponte levatoio.
Gli scolari della Rossigalli erano ospitati in aule ampie e spaziose, la biblioteca era collocata all'interno dell'unica torre merlata e le ricreazioni si svolgevano in quello che una volta era stato un meraviglioso giardino all'italiana, progettato centinaia di anni addietro dai più celebrati architetti del Rinascimento, uno spazio verde che ad ogni ricreazione accoglieva e cullava quasi quattrocento bambini scalmanati.
Fumose e misteriose leggende dicevano che dentro alla scuola fossero collocati diversi trabocchetti e passaggi segreti: anche se finora nessuno studente e nessun maestro era mai stato in grado di provarne l'esistenza, a tutti faceva chissà perché un gran piacere il poter credere che questi trabocchetti e questi passaggi segreti esistessero per davvero. Rodolfo era molto contento di recarsi ogni giorno alla Rossigalli e di trascorrere delle ore lieti e divertenti in compagnia dei suoi compagni di classe. Le uniche tre persone con cui Rodolfo si sarebbe augurato di avere a che fare il meno possibile erano le seguenti: il severissimo e temutissimo preside Gustavo Fiamma, l'antipatica maestra di italiano Ignazia Flauberti e il bambino più subdolo e viziato che avesse mai messo piede nella scuola, ovvero Aimone Cavalieri, figlio nientemeno che del ministro della Pubblica Istruzione in carica.
E' giusto spendere ora qualche riga per descrivervi brevemente ognuno di questi tre personaggi che ho appena nominato.
Gustavo Fiamma, il preside, era un omone alto e segaligno il cui solo incedere incuteva timore; aveva due baffoni che gli conferivano un'aria d'altri tempi e un aspetto assai severo; la sua voce era tonante e sempre pronta a rimproverare ogni scolaro per la più piccola e insignificante manchevolezza, come ad esempio andare in giro con una scarpa slacciata: la parola che più frequentemente gli usciva ben scandita dalla bocca era “di-sci-pli-na”. Finora, a dire il vero, il Fiamma non aveva mai sospeso o punito nessuno senza che ce ne fosse stato un più che valido motivo che andava ben oltre una scarpa slacciata, però Rodolfo non era ancora riuscito a comprendere fino in fondo se nell'animo del preside fosse racchiuso un cuore buono oppure un pezzo di pietra.
Ignazia Flauberti, maestra di italiano, era invece temuta non tanto per la sua severità, bensì per le preferenze che nutriva verso questo o quell'altro alunno. Da tali e poco professionali simpatie erano spesso influenzati i voti attribuiti alle prove scolastiche. Casualmente Ignazia tendeva a valorizzare di più tutti quei bambini i cui genitori avevano uno strabiliante conto in banca e un'ottima posizione sociale. L'alunno che maggiormente incarnava queste caratteristiche era proprio Aimone Cavalieri, unico figlio maschio di uno dei membri del governo in carica, ovvero il già menzionato ministro della Pubblica Istruzione. La maestra Flauberti si sdilinquiva sempre quando diceva ad Aimone:- Tesoro, ricorda di portare tanti cari saluti a tuo papà!
Vi starete per caso domandando che cosa significa sdilinquirsi? Se già non siete corsi a cercarlo sul vocabolario, allora ve lo dirò io: sdilinquirsi vuol dire “Sentirsi venire meno per il languore, comportarsi in modo svenevole e sdolcinato”.
La Flauberti si sdilinquiva con alunni come Aimone o come Antonia Smith, che era la figlia di un importante ambasciatore, mentre con Rodolfo Arcieri non si sdilinquiva affatto, anzi. Il papà di Rodolfo non era né un ministro né un ambasciatore, il signor Roberto Arcieri era un normale impiegato del comune e, di conseguenza, il suo stipendio e la sua posizione sociale erano di gran lunga inferiori a quelli di un ministro o a quelli di un ambasciatore.
Dal punto di vista di Ignazia, questo faceva si che Rodolfo rientrasse nella grande categoria degli alunni che non potevano ambire a un voto superiore al sei e mezzo, mentre gli alunni appartenenti alla categoria degli Aimone Cavalieri e delle Antonia Smith erano quelli che non avrebbero mai potuto ricevere voti al di sotto del sette meno.
Rodolfo per fortuna aveva un bel carattere e non badava alle stramberie della Flauberti; lui, che andava a scuola per apprendere e per divertirsi con i suoi compagni, era già soddisfatto così.
- Arcieri!- tuonò il Fiamma dal fondo del corridoio- In clas-se! Avanti, march! - Scusi signor preside,- rispose Rodolfo- mi precipito immediatamente. - E guai se ti ripesco un'altra volta ad arrivare in ritardo, capito?- sbraitava il preside con le narici che sembravano pronte ad emettere fumi di zolfo. - Certamente!- esclamò Rodolfo dandosela a gambe e cercando di reprimere un risolino. Il Fiamma, sebbene a modo suo, aveva un nonsoché di simpatico, e Rodolfo non riusciva ad esserne davvero intimorito.
Quella mattina c'era il compito in classe di grammatica e in aula non volava una mosca.
La Flauberti distribuiva la prova scritta e gli scolari speravano con tutto il cuore che non fosse troppo difficile come quella dell'ultima volta. Rodolfo sedeva al banco col suo amico Marco, dietro di loro c'erano Aimone e Marcella, anch'ella molto amica di Marco e Rodolfo. Tre di loro scrivevano e correggevano, uno soltanto mozzicava nervosamente la gomma della matita e sudava freddo: era Aimone. Quest'ultimo non aveva trovato il tempo di studiare le ultime nozioni di grammatica, impegnato com'era a seguire il corso pomeridiano di tennis assieme a quello di minigolf e di avviamento alla capoeira, così ora si trovava in grossa difficoltà. L'unica sua speranza di non consegnare il compito in bianco era quella di provare a copiare le risposte da Marcella, che era un'alunna molto attenta e capace. Ovviamente Aimone non aveva certo intenzione di chiederle il permesso. Essendo un po' più alto di lei, sporse di poco il collo e riuscì a leggere quanto era scritto sul foglio della compagna di banco. Marcella dapprincipio non si accorse di niente, poi però si voltò per caso verso il suo compagno di banco e vide quello che stava facendo:- Stai copiando il mio compito, vergognati!- gli disse. - Stai zitta, stupida, tanto ormai ho già finito. - Ma come ti permetti, sei il solito arrogante presuntuoso. Le loro voci indispettirono la maestra Flauberti:- Chi è che fiata laggiù? Che succede? - Maestra,- fece Aimone con l'aria di uno che ha subìto una grossa ingiustizia- Marcella ha copiato tutto il mio compito! - Ma non è affatto vero!- replicò prontamente la bambina- E' vero il contrario! Ora, sulla base di ciò che avete letto qualche riga sopra, secondo voi a chi avrebbe dato ragione la maestra Flauberti? Si, esatto, avete indovinato. -Oh povero Aimone,- esclamò Ignazia costernata- non ti preoccupare, lo so che tu sei un ottimo alunno e non hai bisogno di copiare. Quanto a te, Marcella, mi hai molto deluso, spero che l'episodio non si ripeta più. Per stavolta farò finta di niente.- la Flauberti, che conosceva bene sia Marcella che Aimone, sapeva esattamente chi dei due fosse in realtà il colpevole. Fu questo il motivo che la spinse a non punire l'alunna per una colpa che sicuramente non aveva. Nel frattempo il volto di Marcella era diventato paonazzo: la bambina era furente, ma in quel momento non poteva fare nulla, se non sforzarsi di trattenere le lacrime. Quando la maestra uscì dalla classe, Marcella disse di brutto muso al compagno di banco:- Aimone, sei proprio scorretto e cattivo, ma non ti vergogni a comportarti sempre così? - Stai zitta, tu non conti niente.- disse lui riservandole uno dei suoi sorrisetti beffardi- E ora spostati che devo andare in bagno.- e così dicendo le diede una spinta sulla spalla facendola cadere sulla sedia. A nulla valsero i tentativi di Rodolfo e di Marco di imporgli di chiedere scusa a Marcella. In quel momento Aimone si sentiva molto furbo e molto potente: mai avrebbe potuto immaginare cosa gli sarebbe capitato di lì a poco proprio a causa della sua presunta furbizia e della sua comprovata prepotenza. A ricreazione Marcella si sfogò in un pianto liberatorio con Rodolfo e con Marco: - Sono arcistufa di vedere quella lì che gliele da tutte vinte!- disse la bambina riferendosi alla Flauberti.- Non è giusto che lui faccia sempre come gli pare e che calpesti gli altri! - La maestra Ignazia gliele da tutte vinte perchè lui è il figlio del ministro,- sospirò Rodolfo- se fosse il figlio di una persona meno importante, sicuramente il comportamento di lei verso i confronti di Aimone sarebbe molto ma molto diverso. - Ti ricordi quando ci ha assegnato il compito “Descrivi il lavoro di tuo padre”?- disse Marco. - Certo che mi ricordo!- esclamò Rodolfo- Abbiamo letto in classe sia il mio tema che quello di Aimone, lui prese un dieci, io un sei e mezzo, e la maestra Ignazia disse a tutti noi le seguenti parole: “il padre di Aimone è un ministro e traghetta la nazione, mentre il padre di Rodolfo fa l'impiegato comunale e deve in un certo qual modo eseguire gli ordini impartiti da persone importanti come il padre di Aimone”. Mi astengo da ogni commento, come dice sempre mio padre in situazioni come queste.- disse Rodolfo sorridendo. - E ti ricordi quando hanno invitato i nostri bisnonni a parlarci della seconda guerra mondiale?- fece Marcella.- Il mio era stato un soldato semplice, mentre il bisnonno di Antonia era stato generale, e anche in quell'occasione la maestra Ignazia ha detto così: “alcune persone, come il bisnonno di Antonia che era un importante generale, definivano le strategie di battaglia e poi inviavano a combattere i soldati semplici come il bisnonno di Marcella”. Meno male che Antonia Smith è simpatica e non è certo come Aimone. Sai che mi ha detto Antonia alla fine di quella lezione? Mi ha detto che il mio bisnonno aveva rischiato la sua vita sul campo di battaglia per tutti i suoi connazionali, e che lei e il suo bisnonno si sentivano in dovere di dirgli grazie a nome della nazione intera, a lui e a tutti gli altri. - E' vero,- disse Rodolfo- Antonia è diversa da Aimone: alle interrogazioni e ai compiti in classe prende bei voti perchè studia e si applica, però scommetto che la maestra Ignazia non l'avrebbe avuta così tanto in simpatia se non fosse stata la figlia dell'ambasciatore Smith e la bisnipote del generale Mencarelli. - Oh, si, puoi scommettere che è proprio così.- gli fece eco Marco. Da lontano giunse la voce di Gustavo Fiamma:- In clas-se! La ricreazione è ter-mi-na-ta! I tre amici si diressero lesti lesti in aula, dove trovarono ad aspettarli la maestra Lidia Aprile, insegnante di matematica:- Forza ragazzi,- disse lei con un bel sorriso- oggi si parte con le divisioni in colonna, mi aspetto grandi risultati da tutti voi.- la maestra Lidia si sarebbe attesa grandi risultati da qualsiasi alunno, sia da quelli bravi che da quelli meno bravi. Quando le capitava di trovarsi davanti a dei casi disperati, ovvero quando le capitava di trovarsi davanti degli scolari che proprio non riuscivano ad andare d'accordo con i numeri, allora lei dava l'anima per riuscire a farli arrivare almeno ad un'onesta sufficienza. Quando invece si imbatteva in alunni particolarmente portati per la materia, allora la maestra Lidia sapeva trasmettere loro, oltre ai contenuti stabiliti dal programma ministeriale, anche tutto l'amore per una scienza che insegnava a decifrare i misteri dell'universo. Rodolfo, che con la signorina Aprile aveva sempre avuto ottimi voti, era da subito rimasto incantato dal suo modo di insegnare: lei aveva saputo mostrare a tutti come la matematica si sforzasse di mettere in ordine l'infinito, ovvero di mettere in ordine i numeri, che sono appunto infiniti; lei aveva saputo mostrare loro come i numeri stessi fossero ovunque, dalle geometrie che reggono la cupola di San Pietro alle righe dei pentagramma che racchiudono le melodie più belle del mondo. Rodolfo detestava la matematica quando a spiegargliela era la Flauberti, poi avevano invertito le cattedre, era arrivata la maestra Aprile e gli aveva fatto scoprire un mondo magico. La maestra Lidia e la maestra Ignazia non andavano molto d'accordo. Lidia cercava di ignorare la collega e di averci a che fare il meno possibile, Ignazia invece non perdeva neppure un'occasione per creare fastidi all'odiata Lidia e per farle qualche dispetto proprio come avrebbe fatto una bambinetta delle elementari. In realtà la causa principale dei loro dissapori aveva un nome e un cognome ben preciso, ovvero Arturo Gerardi, ammirato maestro di educazione fisica, ma di questo vi parlerò più avanti. Dopo la lezione di matematica era finalmente suonata l'ultima campanella della giornata: i bambini si apprestavano ad uscire e a raggiungere i loro genitori che li attendevano nel cortile. Ad aspettare Aimone c'era la solita macchina munita di autista. Il bambino si accingeva a raggiungere la vettura quando accadde qualcosa di inaspettato. Un aeroplanino telecomandato da chissà chi si lanciò dall'unica torretta merlata della scuola, planò verso la macchina che attendeva Aimone e, appena giunto sulla testa del bambino, aprì la stiva e depositò sulla sua chioma un bel po' di pece nera e di piume di gallina. Tutti rimasero a bocca aperta, Aimone urlò disgustato e intanto l'aeroplanino se ne era già volato via da dove era venuto. Le maestre e gli altri genitori accorsero immediatamente a confortare il piccolo e lo aiutarono a darsi una ripulita; l'autista si precipitò dentro la scuola per raggiungere la torretta e acciuffare il colpevole di tale gesto. Rodolfo, Marcella, Marco e Antonia Smith si guardarono fra di loro e poi scoppiarono in una fragorosa risata. - Ma chi si sarà stato a comandare quell'aeroplanino?- si domandò Antonia. - Potrebbero essere stati in molti,- disse Rodolfo- alcune classi sono ancora all'interno della scuola e poi ci sono i bidelli, gli insegnanti, i genitori che sono andati a colloquio con le maestre o chiunque altro sia riuscito a raggiungere quella torretta. - Bè, anche se so che non è carino da dire, gli sta proprio bene a quel pallone gonfiato, arrogante e prepotente!- esclamò Marcella. - Chissà se l'autista di Aimone è riuscito ad acciuffare il pilota dell'aeroplanino.- disse Marco. Proprio in quell'istante comparvero sulla soglia d'ingresso il preside Fiamma e l'autista di Aimone: - E' un atto increscioso,- ripeteva a gran voce il preside- è un gesto vile ed esecrabile. Troveremo il colpevole e lo puniremo come me-ri-ta! - Signor preside,- diceva l'autista- informerò personalmente il ministro di quanto è accaduto. Mi auguro che lei riesca presto ad acciuffare questo anonimo delinquente che è riuscito a dileguarsi senza lasciare traccia. Mi chiedo come abbia fatto a fuggire in così poco tempo dalle scale senza che nessuno lo vedesse. - Lo troveremo, non si preoccupi, lo troveremo.- lo rassicurò il Fiamma. - Presto, presto venite qui!- urlò improvvisamente la maestra Flauberti che nel frattempo stava ripulendo la testa di Aimone dalla pece e dalle piume.- Guardate cosa ho trovato! Il preside, l'autista e le altre maestre presenti si avvicinarono: la Flauberti mostrò loro una piccola pergamena sporca di pece su cui c'era scritto qualcosa. Il Fiamma la impugnò e iniziò a leggere a gran voce: Quando qualcuno male si comporta sbaglia a pensar che poco importa; sbaglia a pensar che sia cosa da niente accusare un compagno, imbrogliare la gente. Sbaglia a pensar che giusto sia ferire gli altri e andarsene via. Se fa il prepotente, se è un arrogante, se getta il suo fango sul primo innocente, che arrivi dal cielo la sua punizione: la pece e le piume sul capo di Aimone! I bambini che erano là intorno dovettero fare un grande sforzo per soffocare le loro risate, mentre il Fiamma e le maestre sembrava che facessero a gara a chi fosse il più costernato e il più indignato. - Dobbiamo assolutamente infliggere una punizione e-sem-pla-re!- sbraitava il Fiamma- Pure le filastrocche ci volevano, pure le filastrocche! Ma chi è che crede di poterci prendere in giro così? - Dove arriveremo di questo passo, dove arriveremo mai!- ripeteva la Flauberti scandalizzata. Rodolfo, Marco, Antonia e Marcella spalancarono le loro bocche: - Ma allora chi ha scritto la filastrocca sapeva quello che è accaduto durante il compito in classe!- esclamò Rodolfo. - Eh già,- disse Marcella con un sorrisetto alquanto soddisfatto- sembrerebbe proprio di si. - Chissà che farà adesso il padre di Aimone ...- si domandò Marco. - Cosa vuoi che faccia?- gli rispose Antonia con l'aria di quella che la sapeva lunga- Ordinerà al preside di creare una commissione d'indagine interna e, qualora il colpevole non dovesse saltare fuori, allora porterà Aimone in un'altro istituto. Anche perchè girano alcune voci sul conto della scuola elementare Rossigalli … - Che intendi dire?- disse Marco. - Antonia,- fece Rodolfo- se per via del lavoro di tuo padre sei venuta a conoscenza di qualcosa che noi ancora non sappiamo, per favore ce lo devi raccontare. Cosa succederà alla nostra scuola? - Bè,- fece la bambina sospirando- tanto fra poco non sarà più un segreto … va bene, ve lo dirò.- Marcella, Marco e Rodolfo erano tutt'orecchi- L'altra sera, durante una festa all'ambasciata, c'era anche il ministro della pubblica istruzione, ovvero il papà di Aimone, e stava parlando con mio padre e con un importante imprenditore che lavora nel settore delle scuole private: è quasi pronta una legge che dismetterà alcuni edifici pubblici, fra cui anche la nostra scuola, e li cederà ai privati in cambio di denaro contante. La nostra scuola verrà venduta a un ricco imprenditore e diventerà un'esclusiva scuola privata per i bambini delle famiglie più in vista della città. Una sorta di collegio inglese, una sorta di club esclusivo, con rette da capogiro. - E noi?- dissero i suoi amici- Che fine faremo? - Ci accorperanno ad altri istituti pubblici e, se serve, smembreranno alcune classi.- rispose Antonia. -Oh, che cosa ingiusta, avevamo a disposizione una scuola pubblica così bella ...- sospirò Marco sconsolato. - Ma siamo proprio sicuri che non si possa fare nulla per impedirlo?- domandò Rodolfo. - E' già tutto deciso.- affermò Antonia con fermezza. - E tuo padre cosa dice a rigurado?- le domandò Marcella- E' a favore della vendita della nostra scuola a un privato, è contro o è indifferente? - Mio padre, che oltre ad essere ambasciatore è stato anche figlio di un ambasciatore e ha girato il mondo in lungo e in largo, non fa altro che ripetere sempre la stessa cosa. - Che cosa?- disse Rodolfo. - Papà,- fece Antonia in tono solenne- papà ripete sempre che “l'istruzione pubblica è un bene e un diritto di tutti così come lo è il diritto alla salute e quello alla giustizia. I paesi più civilizzati hanno ottime scuole pubbliche, scuole aperte a chiunque, scuole che non devono invidiare nulla alle strutture private, scuole dove lo stato deve investire per migliorare sempre di più il livello di scolarizzazione dell'intero paese. Uno stato che ha un'ottima istruzione pubblica è un paese che garantisce il futuro a sé stesso e ai suoi cittadini”. - Accidenti, allora tuo padre è contro la vendita della nostra scuola pubblica a un privato!- esclamò Rodolfo.- E lui che è ambasciatore non può fare niente per impedirlo? - Certo che non può,- gli rispose Antonia- lui non è né un ministro né un membro del parlamento, lui non può presentare nuove leggi: mio padre è solo l'ambasciatore di uno stato estero e il suo compito è quello di intrattenere buoni rapporti con lo stato che lo ospita, che in questo caso è l'Italia. - Che discorsi da grandi che stiamo facendo!- disse Marco scherzando. - Saranno pure discorsi da grandi,- fece Rodolfo- ma ci riguardano da vicino molto più di quanto pensi. - Dai, si è fatto tardi,- disse Marcella- andiamo a casa, ci vediamo domani.- effettivamenete tutti incominciavano ad avvertire un certo appetito, così si salutarono e andarono a casa a mangiare. L'indomani era una gran bella giornata. Rodolfo si avviava a scuola accompagnato da suo padre. I due stavano discutendo sulla vicenda di Aimone e sulla privatizzazione della scuola Rossigalli: - Rodolfo, cosa vuoi che ti dica,- diceva il papà- fare uno scherzo simile a quello che è stato fatto ad Aimone non è certo una bella cosa, del resto però non è stata neppure una bella cosa quella che Aimone ha fatto a Marcella. Dovreste fare uno sforzo tutti quanti per andare un po' più d'accordo. - Io ci provo, ma con i tipi come Aimone non è certo facile. - Perchè? - Perchè lui è scorretto, cattivo e antipatico. Credimi papà, io ci ho provato tante volte ad andare d'accordo con lui, ma proprio non ci riesco. - E tu allora non smettere di provarci. Senza mai farti mettere i piedi in testa, certamente, ma non smettere anche tu di provare a fare andare il mondo un po' più d'accordo. - il papà gli carezzò i folti capelli castani e con un bacio lo avviò verso l'ingresso. Rodolfo quella mattina era arrivato a scuola più presto del solito e così si sedette sui gradini del cortile ad attendere i suoi amici. Mentre era lì a giocherellare con il suo yo-yo, si accorse che dietro di lui stavano chiacchierando la maestra Flauberti e il maestro di ginnastica Arturo Gerardi. Siccome i due avevano un tono di voce piuttosto alto e non c'erano altri rumori nei paraggi a confondere le loro parole, Rodolfo non potè fare a meno di ascoltarli. - E così, Arturo,- diceva Ignazia Flauberti- sabato non verrai più al mare con noi? - No, Ignazia, grazie dell'invito ma non credo che verrò.- rispose cortesemente Arturo Gerardi. - Hai già preso altri impegni?- fece lei con fare civettuolo. - Si, andrò al cinema con Lidia. Il volto della Flauberti divenne bianco come un cencio e Rodolfo se ne accorse:- Ecco allora perchè la maestra Flauberti detesta la maestra Aprile,- pensò il bambino fra sé- si contendono il maestro Arturo! - Vai al cinema con Lidia Aprile?- fece Ignazia con un'aria apparentemente sorpresa. - Si,- rispose tranquillamente Arturo- perchè ti stupisci? - Bè, non che siano fatti miei, però, se mi chiedi perchè mi stupisco, allora è giusto che io te lo dica.- Rodolfo era tutt'orecchi- La Aprile da un po' di tempo sembra gradire di più la compagnia del preside Fiamma, ecco perchè mi stupisco.- stavolta fu il volto del maestro Gerardi a diventare bianco come un cencio.- Ieri, dopo la scuola, ho visto lui che la riaccompagnava a casa in macchina. - Ma non è vero!- si disse Rodolfo- Ieri ho visto coi miei occhi la maestra Lidia che saliva da sola sull'autobus che la riporta a casa: la Flauberti così gioca proprio sporco!- nel frattempo all'orizzonte era comparsa la figura di Lidia Aprile che si incamminava verso l'ingresso col suo registro rosso sotto al braccio. - Allora ciao, Arturo,- disse la Flauberti al maestro Gerardi- ci vediamo a ricreazione. Il maestro Gerardi rimase lì imbambolato mentre Rodolfo lo osservava dalla testa ai piedi senza smettere di pensare a quanto fosse stata subdola la maestra Flauberti. Nel frattempo erano arrivati anche Marco, Antonia e Marcello: Rodolfo raccontò loro quanto era appena accaduto. - Ma non è assolutamente vero quello che ha detto la Flauberti!- esclamò a gran voce Marcella. - Certo che non è vero, io lo so bene,- disse Rodolfo- ieri hai visto anche tu che la maestra Lidia prendeva l'autobus per tornare a casa da sola? - L'autobus?- gli rispose la bambina come se all'improvviso avesse altro per la mente.- Ah, si, certo che l'ho vista anch'io … - Guardate laggiù!- esclamò Antonia indicando qualcosa in lontananza- Il maestro Arturo sta parlando con la maestra Lidia e sembra proprio che lei stia per iniziare a piangere. Ecco, si, ora sta proprio piangendo, e il maestro se ne va. Scommetto di riuscire a indovinare quello che lui le ha appena detto. - Sai che ci vuole a indovinare,- disse Marcella- le avrà detto che non andranno più al cinema insieme perchè lui crede che lei sia la fidanzata segreta del preside Fiamma. - Qui si che ci vorrebbe il vendicatore delle filastrocche.- mormorò fra sè Rodolfo. - Dai, si è fatto il momento di andare. In prima ora c'è matematica,- disse Marco- forza, muoviamoci. I bambini entrarono in classe e la giornata iniziò a svolgersi proprio con la lezione della maestra Lidia, che aveva gli occhi ancora rossi di pianto. Giunta l'ora della ricreazione, le classi si riversarono in cortile. Mentre alunni e maestri sgranocchiavano le loro merende, accadde qualcosa che spinse tutti i presenti ad alzare il naso all'insù. Dalla stessa torretta da cui era planato l'aeroplanino che aveva depositato il carico di pece e di piume sul capo di Aimone, qualcosa si mosse e catturò l'attenzione dei presenti. Si trattava ancora una volta dello stesso aeroplanino telecomandato che, dopo aver spiccato il volo ed essere planato sul cortile, lasciò cadere sulla testa dei presenti un fazzoletto che avvolgeva tre pergamene. Poi riprese il volo e fece ritorno alla torretta. Antonia corse ad aprire il fazzoletto e lesse ad alta voce quanto era scritto su ogni nastro che avvolgeva le singole pergamene: - Per Lidia, per Arturo, per Ignazia. - Dammi qua!- la Flauberti le strappò di mano la pergamena con su scritto “Per Ignazia” e incominciò a leggere- “A Ignazia dico …”, oh cielo, che sfacciato!- subito stracciò la pergamena e la gettò in terra. Lidia e Arturo invece lessero le proprie e le riposero in tasca sorridendo. A Rodolfo sembrò di leggere sulle labbra del maestro la domanda “mi perdoni”, mentre a Marco sembrò che la maestra Lidia rispondesse con il più semplice dei “si”. Poichè era ben nota a chiunque la rivalità fra le due maestre per il bell'Arturo, tutti i presenti dedussero che il contenuto delle pergamene avesse voluto punire giustamente Ignazia per qualche trama disonesta da lei ordita. - Preside, signor preside!- continuava la Flauberti- Questa storia deve finire, deve assolutamente finire: dobbiamo acciuffare il colpevole in men che non si dica! Preside … ma dov'è il preside? - Maestra Flauberti ha perfettamente ragione!- esclamò il Fiamma sbucando da dietro una colonna- Il colpevole verrà scovato e punito, anche a costo di mettere una taglia sulla sua testa.- i bidelli e gli altri maestri annuirono, ma in realtà incominciavano tutti a nutrire un po' di simpatia per questo anonimo vendicatore che non colpiva mai a sproposito. Stavolta nessuno si affrettò a vedere chi c'era sulla torretta. Rodolfo, senza che nessuno badasse a lui, era riuscito a raccogliere i pezzi della pergamena strappata da Ignazia e li aveva rimessi assieme. - Guardate un po' cosa ho qui.- disse ai suoi amici. - Ehi, hai raccolto la pergamena!- esclamò Marco. - Leggicela, ti prego, leggila tutta,- lo implorò Antonia- sono troppo curiosa! - E va bene,- disse Rodolfo senza farsi pregare troppo- ve la leggerò.- e così dicendo assunse una posa solenne e iniziò a declamare: A Ignazia dico, chi inventa bugie vien presto punito A Lidia ricordo, chi crede al bugiardo saprà rinsavire Ad Arturo consiglio, va' a chiederle scusa e non fare il coniglio - Ma queste filastrocche del vendicatore sono fenomenali!- esclamò Marco.- Dipingono in modo esemplare quello che è accaduto e smascherano le ingiustizie: questo vendicatore delle filastrocche è davvero un grande! - Eh già,- fece Rodolfo- pare proprio di si. Mi chiedo però come farà ad essere sempre a conoscenza dei minimi dettagli di certi avvenimenti. - Bè, adesso non stiamo qui a farci troppe domande,- disse Marcella- l'importante è che la maestra Lidia e il maestro Arturo abbiano fatto pace e l'importante è che questo vendicatore sappia sempre come riuscire a rimettere le cose a posto. - Io sono d'accordo con te, però non facciamoci sentire né da Aimone né dalla Flauberti.- sghignazzò Antonia sotto i baffi. Quel pomeriggio Rodolfo era seduto al tavolo della cucina a fare i compiti. Il papà era rientrato dal lavoro e il figlio gli aveva raccontato l'accaduto della mattinata. - E così stavolta niente pece, ma soltanto rime affilate come lame di coltello.- commentò il signor Arcieri- Mi sta diventando quasi simpatico questo vendicatore. - E' il nostro eroe!- esclamò Rodolfo. - Nostro di chi?- gli domandò il padre. - Di me, di Marco, di Marcella e di Antonia. - Antonia Smith? La figlia dell'ambasciatore? - Si, proprio lei. Sai che suo padre le ha detto che la scuola Rossigalli verrà venduta ai privati e smetterà di essere una scuola pubblica e gratuita? - Si, l'ho sentito anche io, negli uffici comunali girano voci simili. - Questo vuol dire che io non potrò più frequentare la Rossigalli e che dovrò iscrivermi ad un'altra scuola? - Bè, sai, se davvero la venderanno agli imprenditori per farne un'esclusiva scuola privata, allora temo che con il mio stipendio non potrò permettermi di pagare la tua retta. - Speriamo allora che non lo facciano. Mi dispiacerebbe così tanto lasciare la biblioteca sulla torre, il giardino fiorito dove trascorriamo la ricreazione e le mura medievali dove sembra che le lezioni di storia possano quasi prendere vita. - Dispiace anche a me. Alla Rossigalli tu e i tuoi compagni avete tutto quello che un bambino deve avere per stare bene fra le mura scolastiche; la scuola è il vostro regno magico. Purtroppo però la Rossigalli non porta nulla alle tasche del comune, anzi, rappresenta solo un costo. Potremmo stare ore e ore a discutere sul fatto che i soldi delle tasse pagate dai cittadini debbano essere spesi per garantire ottimi ospedali pubblici e altrettanto ottime scuole pubbliche, ma non servirebbe a nulla. In questo momento lo stato incasserà una bella somma se vende le antiche mura della tua scuola ricollocandovi in altri edifici molto più economici. Purtroppo la Rossigalli è considerata troppo bella per restare pubblica e il padre di Aimone non intende certo innalzare gli standard degli edifici scolastici statali, anzi. Ora però basta parlare di queste cose, continua i tuoi compiti, altrimenti se domani ti interrogano prenderai un brutto voto. - Domani non ci saranno interrogazioni, domani verrà in visita ufficiale alla scuola proprio il padre di quell'antipatico di Aimone, il ministro della pubblica istruzione in persona. - Verrà Giacinto Cavalieri?- disse il padre di Rodolfo- Non mi stupisce, la settimana prossima ci sono le elezioni e si va a votare: verrà a farsi un po' di pubblicità. - Antonia ci ha detto che suo padre le ha detto che il padre di Aimone è a favore della vendita della Rossigalli. - Non mi stupisce neppure questo. - Chissà se il vendicatore è favore della vendita della Rossigalli oppure no.- disse fra sé Rodolfo. - Rodolfo, che intendi dire? Credi che domani ci saranno altre filastrocche in giro per la scuola?- gli domandò il padre. - Io spero tanto di si.- rispose il bambino. L'indomani era una bella giornata di maggio: in giornate del genere, piene di sole e di primavera, Rodolfo s'incamminava a scuola dicendo a se stesso che nella vita bastava davvero poco per sentirsi colmi di felicità. Giunto in prossimità della scuola, Rodolfo scorse le macchine della scorta del ministro. - Il papà di Aimone è già qui, uffa, starà sicuramente a parlare col preside Fiamma per l'inevitabile scambio di convenevoli. - Eh si,- disse Marcella piombandogli alle spalle- è proprio così. - Ciao, e tu quando sei arrivata? - Mi ha accompagnato mio padre poco fa, ma lui è già andato via. - E' incredibile, non sono mai riuscito a vedere in faccia tuo papà nemmeno una volta, né io né nessun altro, tuo padre è un mistero per tutti noi.- disse Rodolfo scherzando- E se fosse lui il fantomatico vendicatore delle filastrocche? Rodolfo poteva permettersi di scherzare in questo modo con Marcella perchè erano amici fin dai tempi dell'asilo, altrimenti non si sarebbe mai azzardato a nominare in un discorso il padre della bambina poiché, quello che lei chiamava papà, era in realtà il suo patrigno. Marcella aveva perso il padre da piccolina e poi, quando lei aveva sette anni, la mamma si era risposata con un vedovo che non aveva figli. Nessuno aveva mai visto il nuovo papà di Marcella né conoscevano il suo nome e cognome, però tutti sapevano che era molto protettivo con la sua nuova famiglia , la bambina gli era molto affezionata e gli voleva bene come se fosse il suo vero papà. I due amici si recarono in classe e di lì a poco tutte le scolaresche vennero riversate nel cortile per ricevere il saluto del ministro della pubblica istruzione. Il preside Fiamma salì sulla pedana e presentò il ministro con le dovute parole di rito, lusinghiere e altisonanti. Rodolfo era lì in piedi e non vedeva l'ora che tutta la cerimonia terminasse al più presto. Sotto al palco c'erano giornalisti, portaborse del ministro, poliziotti e guardie del corpo. Sarebbe riuscito il vendicatore a colpire ancora una volta? - … e quindi la scuola Rossigalli si appresta a rinascere a nuova vita grazie all'intervento di investimenti privati,- proclamava fiero Giacinto Cavalieri- nuovi investimenti che ne faranno una scuola elementare d'eccellenza per l'elite della nostra società! - Questa è già una scuola di eccellenza,- bisbigliava Lidia Aprile all'orecchio di Arturo Gerardi- solo che con i privati lo diventerà a pagamento. Mentre il ministro continuava a parlare e mentre Aimone continuava a guardare tutti dall'alto in basso come a dire “quello è mio padre”, accadde ciò che Rodolfo e molti altri si auguravano che accadesse. Stavolta il vendicatore non si servì né dell'aeroplanino né di pergamene, stavolta il vendicatore aveva deciso che tutti, ma proprio tutti, dovevano udire quello che lui aveva da dire a gran voce. “Occasione, occasione, si aprono i saldi di fine stagione: svendiamo una scuola di augusti natali che a tanti bambini ha messo le ali svendiamo un bel pezzo di storia di Roma che dell'istruzione portava corona.” La voce, che era registrata, sembrava provenire da un megafono posto in alto rispetto al cortile. “Occasione, occasione, si aprono i saldi di fine stagione: svendiamo una scuola libera e aperta in cambio di un'altra chiusa ed incerta se vuoi frequentarla paga la retta se non ce la fai vattene in fretta” Il ministro Cavalieri era diventato paonazzo e sbraitava ai suoi di impedire che quella voce andasse avanti:- Scoprite dove è il megafono!- urlava- Scoprite da dove arriva questa dannatissima voce! Il preside Fiamma aveva pensato bene di svenire sotto al palco e il maestro Gerardi stava tentando invano di rianimarlo coi sali. La voce intanto proseguiva indisturbata: Però … E se all'improvviso cambiassimo idea? E se d'altro parere fosse questa assemblea? Chiamo a referendum gli alunni nel cortile, vediamo cosa insegna lo spirito civile. Qui nulla si svende per vile denaro qui viene istruito qualsiasi scolaro perchè l'istruzione a tutti si da', è un sacro diritto, è la libertà. Ministro Cavalieri, impari la lezione, ministro Cavalieri, rilegga la Costituzione: l'Italia è una grande repubblica fondata sul lavoro, sanità e scuola pubblica! E qui il nastro terminò. Alunni e maestri esplosero in un applauso fragoroso che parve travolgere il ministro. Giacinto Cavalieri andò su tutte le furie. A un certo momento una guardia del corpo disse:- Veniva dalla torretta! La voce veniva della torretta, il megafono è sicuramente lassù, presto, andiamo! In cinque scattarono allora come saette verso le scale che portavano alla torre merlata, ma sarebbero ritornati ben presto a mani vuote. - Ma questo vendicatore è un genio!- esclamò Antonia- Questo vendicatore è davvero il nostro eroe! - Si, è così,- annuì Rodolfo- ma non farti sentire, altrimenti Cavalieri ci farà arrestare. - Antonia, Rodolfo, ma Marcella dove è andata a finire?- fece Marco. - Eccomi, eccomi, sono qui!- disse la bambina sopraggiungendo all'improvviso. - Dove ti eri nascosta?- le domandò Rodolfo. - Che domande, ero sulla torretta ad azionare il megafono, non ci credi? Ho anche fatto a pugni con due poliziotti prima di scendere ed ora eccomi da voi. - Dai, smettila di scherzare,- le disse Antonia- Eri in bagno? - Si, ero in bagno, ma ho sentito ugualmente tutto il discorso del vendicatore. - Ehi,- esclamò Marco- ma vi siete accorti che il Fiamma è svenuto sotto al palco? - Si, ben gli sta.- affermò Rodolfo- Il Fiamma non sarà certo cattivo, ma per i miei gusti è fin troppo severo e per di più sarebbe stato capace di mettere una taglia sulla testa del vendicatore: voleva fare bella figura davanti agli occhi del ministro e invece guarda come è andata a finire la sua giornata. Si, ben gli sta! - E' questo quello che pensi davvero di lui?- gli domandò Marcella fissandolo dritto negli occhi. - Si, è questo quello che penso di lui.- affermò Rodolfo. - Vorrei tanto riuscire a farti cambiare idea ...- sospirò lei, ma Rodolfo non riuscì a sentirla. Passarono due settimane e accadde un altro evento degno di nota: il partito del padre di Aimone aveva perso le elezioni, Cavalieri non era più ministro e la Rossigalli restava una proprietà dello stato italiano. - Ma chi l'avrebbe mai detto!- diceva Rodolfo a suo padre- Questo si che è un gran colpo di fortuna, il destino ci ha dato una mano, la Rossigalli resta nostra! - Si, per il momento si, ma non cantare vittoria troppo a lungo.- gli disse il padre. - Che vuoi dire?- domandò il figlio. - Voglio dire che oggi la tua scuola resta pubblica, ma domani anche quelli del nuovo governo in carica potrebbero farsi venire in mente di venderla. Il diritto allo studio non è mai al sicuro, va sempre difeso, esteso e tutelato. - Bè, io almeno farò in tempo a finirci le elementari nella mia bella Rossigalli.- replicò Rodolfo tutto soddisfatto. - Ah, belle parole!- lo rimproverò il signor Arcieri- Siccome tu farai in tempo a godertela tutta, non ti importa di quelli che verranno dopo di te? - No, non intendevo dire questo ...- disse Rodolfo mortificato. - Lo spero bene. Dai, adesso vai a prepararti così potrò accompagnarti da Marcella, se non ricordo male dovete vedervi alle cinque a casa sua, vero? - Si, alle cinque. - Allora forza, sbrigati che andiamo. Giunti a casa di Marcella, la mamma della bambina disse loro di andarsi a lavare subito le mani per poi andare in giardino a fare merenda. - Sai che oggi a casa c'è anche mio padre?- disse Marcella a Rodolfo. - Bene, così finalmente lo vedrò, sono proprio curioso di conoscerlo. - E' lì in giardino, seduto al tavolo. Rodolfo scorse un signore di spalle, segaligno e presumibilmente molto alto: aveva un'aria vagamente familiare, gli ricordava qualcuno, si, qualcuno, ma chi esattamente? Mentre si avvicinavano al papà di Marcella, che era intento a leggere il giornale, la bambina disse all'amico:- Sai, papà è un appassionato di apparecchi telecomandati, in particolare di aeroplanini. In quel momento Rodolfo notò che sulla sedia accanto a quella dove sedeva il padre di Marcella c'era un aeroplanino telecomandato che assomigliava in maniera incredibile a quello del vendicatore. Il padre di Marcella allora si voltò e disse a Rodolfo:- Arcieri, a ta-vo-la! Avanti, march! Rodolfo per poco non svenne per davvero. Il patrigno di Marcella era il preside Gustavo Fiamma e il preside Gustavo Fiamma era il vendicatore delle filastrocche! Marcella era stata evidentemente la sua fida informatrice e collaboratrice. - Signor preside,- balbettò Rodolfo- io ... io ... io non avrei mai creduto che … - Lo so, Rodolfo caro, neanch'io l'avrei creduto possibile,- disse lui sorridendogli per la prima volta- eppure a un certo momento è stato più forte di me. Sei davvero tanto stupito? Forse non mi ritenevi all'altezza di scrivere quelle filastrocche? Rodolfo gli sorrise, anche lui per la prima volta- Oh no, affatto, è solo che lei è sempre stato così diverso, voglio dire, lei è il preside Fiamma … - Rodolfo, devi sapere che io non sono sempre stato il preside Fiamma: io sono nato in una famiglia di braccianti semianalfabeti che vivevano vicino a un paesino della Toscana chiamato Barbiana. Lì è arrivato un giorno un certo don Lorenzo e si è accorto che molti bambini come me, a causa delle loro condizioni di nascita e di vita, erano destinati a non prendere nemmeno la licenza elementare. Lui mise su una scuola, ci ha istruito, ci ha fatto prendere la licenza media e ci ha permesso così di affrontare prima le scuole superiori e poi l'università, che io ho potuto frequentare grazie all'erogazione di borse di studio pubbliche. All'epoca, per chi nasceva nelle mia situazione, in paesini sperduti dove non c'era nemmeno una televisione o un'edicola, in famiglie di brava gente che però non sapeva né leggere né scrivere né far di conto, allora perfino la scuola pubblica era un miraggio sconosciuto. Oggi per fortuna è tutto molto diverso, e così deve rimanere. Quando ho sentito Cavalieri fare proclami sulla scuola privata e quando ho saputo quello che il figlio combinava impunemente fra le mura della nostra scuola, allora ho deciso di servirmi delle filastrocche semplicemente per esprimere la mia opinione. - E le rime sulla Flauberti?- domandò Rodolfo. - Bè, era un'ingiustizia anche quella e una bugiarda come Ignazia meritava di essere smascherata. Arturo Gerardi e Lidia Aprile sono fatti l'uno per l'altra, la Flauberti deve solo farsi da parte. - Ma perchè Marcella non mi ha mai detto nulla? - Rodolfo,- intervenne la bambina- io mi vergognavo di raccontare a tutti che ero diventata la figlia del preside, mi capisci? Il mio cognome è diverso da quello di Gustavo e così non ero obbligata a rivelare che era lui il marito di mia mamma. Gli ho chiesto di farmi questo favore e lui ha accettato. Ti ho voluto rivelare la vera identità del vendicatore solo perchè mi dispiaceva quello che avevi detto sul conto di Gustavo. - Certo però che è proprio vero che l'apparenza inganna.- disse fra sé Rodolfo.- Signor preside, io le chiedo scusa per averla fraintesa. - Non scusarti nemmeno per scherzo! Mi fa piacere che oggi tu sia venuto a sapere come stanno le cose, però, mi raccomando, acqua in bocca con gli altri. - Certamente. Avrei però un'ultima domanda. - Dimmi pure.- fece il preside. - Come è riuscito a farla sempre franca? La prima e la terza volta sono andati sulla torretta a cercare il vendicatore e non sono riusciti a trovare nessuno. Come ha fatto a sparire così in fretta? - Merito del passaggio segreto che collega la torretta alla sala della presidenza. I presidi della Rossigalli si tramandano per tradizione la mappa dei trabocchetti e dei passaggi segreti della scuola. - Ma l'ultima volta lei era sul palco. Chi ha avviato il nastro collegato al megafono? - Io, e chi altri sennò?- disse fiera Marcella. - Tu, veramente? - Certo che sì'. Non ero in bagno come vi avevo detto, ma ero lassù sulla torre, e sono fuggita utilizzando il passaggio segreto che mi aveva mostrato papà. La sala della presidenza era chiusa a chiave, e da lì c'è un altro passaggio segreto che porta dritti al cortile. - Uau, incredibile!- disse Rodolfo.- Ma adesso che ne sarà del vendicatore delle filastrocche? - Credo che per un po' di tempo non si farà più sentire.- rispose il Fiamma.- Ora fate pure merenda, e poi di corsa a studiare. - Ma è una così bella giornata,- disse Rodolfo- la scuola è quasi finita, non potremmo restare a giocare in giardino? - Arcieri, cosa mi tocca sentire, io alla tua età avrei fatto volentieri dieci volte in più i compiti che fai tu, anziché dovermi alzare all'alba per andarmi a spaccare la schiena sui campi, mungere le vacche e poi correre a scuola da don Lorenzo. Ah, che smidollati che sono i bambini di oggi ...- disse il Fiamma sorridendo e carezzando i capelli di Rodolfo proprio come faceva il signor Arcieri. Quel pomeriggio a casa di Marcella e di suo padre fu uno dei pomeriggi più belli che Rodolfo avesse mai trascorso in tutta la sua vita. Una volta ritornato a casa raccontò tutto a suo padre, che si fece una bella risata di cuore al pensiero della vera identità del vendicatore. - Hai capito che bel tipo è il preside, papà? E questo don Lorenzo, poi, hai capito che è stato in grado di fare? - Ho capito, ho capito. Barbiana, ti ha detto? - Si, Barbiana.- il papà prese allora un libro dallo scaffale della libreria e lo porse al figlio. Rodolfo lesse ad alta voce- “Lettera a una professoressa, di don Lorenzo Milani”. - Si tratta di quel don Lorenzo del tuo preside. Leggilo e poi mi dirai che ne pensi. Rodolfo prese il libro e corse in camera sua a leggere. Ma noi ci fermiamo qui, perchè questa di Barbiana è tutta un'altra storia, che, grazie a Dio, è realmente accaduta. una favola di Arianna Lana
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